Maggio 1, 2024

Il linguaggio dei sordomuti (che in realtà non si chiama così)

Il linguaggio dei sordomuti lingua dei segni italiana LIS

Il linguaggio dei sordomuti lingua dei segni italiana LIS

Per millenni le persone con problemi di udito sono state emarginate dalla società, perché si credeva che la lingua potesse essere appresa solo ascoltando la parola parlata. 

La spinta contro questo pregiudizio iniziò nel Rinascimento, quando i voti di silenzio e le credenze umanistiche portarono i religiosi europei a creare nuovi metodi di comunicazione per le persone sorde.

Nel corso dei secoli questo nuovo linguaggio per sordomuti venne perfezionato, fin quando nel 1755 il prete cattolico francese Charles-Michel de l’Épée stabilì un metodo più completo per l’educazione dei sordi. Épée diede vita ad un vero e proprio dizionario per sordomuti: insistendo sul fatto che la lingua dei segni doveva essere una lingua completa, il suo sistema era abbastanza complesso da esprimere preposizioni, congiunzioni e altri elementi grammaticali. Épée è noto come il padre dei sordomuti per il suo lavoro e la sua fondazione di 21 scuole.

Grazie allo sviluppo di linguaggi dei segni formali, oggi le persone con problemi di udito possono accedere alla lingua parlata in tutta la sua varietà. I molti moderni sistemi di firma del mondo hanno regole diverse per pronuncia, ordine delle parole e grammatica. I nuovi linguaggi visivi possono persino esprimere accenti regionali per riflettere la complessità e la ricchezza del linguaggio locale.

Non è chiaro quante lingue dei segni esistano attualmente in tutto il mondo. Ogni paese ha generalmente la sua lingua dei segni nativa e alcuni ne hanno più di una. Ad esempio, la lingua dei segni americana (ASL o Ameslan) e la lingua dei segni britannica (BSL) si sono evolute indipendentemente l’una dall’altra, quindi sarebbe molto difficile, o addirittura impossibile, per una persona sorda americana comunicare con una persona sorda inglese. Se poi pensiamo che alcune popolazioni indigene hanno dato vita ad un proprio linguaggio per sordomuti, possiamo capire la vastità e la complessità dell’argomento. 

In termini linguistici, le lingue dei segni sono ricche e complesse come qualsiasi lingua parlata, nonostante il malinteso comune che non siano “lingue vere”. I linguisti professionisti hanno studiato molte lingue dei segni e hanno scoperto che esibiscono le proprietà fondamentali che esistono in tutte le lingue.

La lingua dei segni francese è all’origine di molti dei segni utilizzati nell’ASL, anche della lingua dei segni italiana (LIS), erroneamente definita “linguaggio dei sordomuti”. Come molte lingue dei segni, la LIS è in qualche modo diversa dal suo “vicino parlato”; quindi, ha poco in comune con l’italiano parlato, ma condivide alcune caratteristiche con lingue orali non indoeuropee. 

Alcune caratteristiche della LIS sono tipiche delle lingue dei segni in generale, ad esempio l’accordo tra nomi, aggettivi e verbi non si basa sul genere (maschile, femminile, neutro) ma si basa sul luogo, ovvero sulla posizione spaziale in cui viene eseguito il segno: i nomi possono essere posizionati ovunque nello spazio ma la loro posizione deve essere coerente con quella dei pronomi e dei verbi. 

La traduzione LIS della frase “Il bambino parla alla madre” appare come Bambino-qui madre-lì questo-parla-che, piuttosto che coinvolgere forme come “lui, lei”. L’intonazione vocale è sostituita da espressioni facciali che segnano frasi interrogative, imperativi e clausole relative. 

Altre caratteristiche della lingua dei segni italiana che possono essere trovate anche nelle lingue orali sono: classificatori, forme doppie, di prova, quattriali e persino quinquiali oltre al plurale generale, verbi flessi per persona.

Sebbene secondo l’Unione Italiana Sordomuti la lingua usata dalle persone sorde sia parlata nella penisola da circa 60.000 – 90.000 persone, la LIS non ha ancora raggiunto un riconoscimento ufficiale, a livello costituzionale o con legislazione specifica. Eppure, sempre più persone si avvicinano alla lingua dei gesti, vista non più come un’alternativa alla parola, ma come una modalità linguistica di complemento estremamente preziosa per la comunità sorda..